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Appalti e massoneria: le richieste del pm per tutti gli indagati

La decisione del Gip sulle misure cautelari nell'inchiesta su "appalti e Massoneria"

SCALEA – 1 lug. 21 - Per l'inchiesta denominata convenzionalmente “Appalti e massoneria” c'era la richiesta da parte del pubblico ministero, per come confermato in conferenza stampa anche dal Procuratore Pierpaolo Bruni, di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere nei confronti degli indagati, ad eccezione di una soltanto, in relazione ai reati ipotizzati a loro carico ed oggetto della provvisoria contestazione.



Per il Giudice per le indagini preliminari, Maria Grazia Elia, “La richiesta del pm merita parziale accoglimento”. Secondo quanto si è appreso e secondo le valutazioni del Gip, le indagini dei militari della compagnia carabinieri di Scalea, coordinati dal capitano Andrea Massari, svolte attraverso attività di intercettazione, attività di perquisizione, acquisizioni documentali, analisi dei supporti sequestrati in danno degli indagati nel corso delle perquisizioni effettuate, “hanno consentito di accertare l’esistenza di un’associazione per delinquere finalizzata alla realizzazione di un programma criminoso avente lo scopo di commettere una serie indeterminata di reati contro la Pubblica amministrazione, costituente – si legge agli atti - un vero e proprio “cartello” di professionisti, teso ad eludere le norme sulla libera concorrenza e trasparenza degli appalti, al fine di ottenerne illegittimamente l’aggiudicazione e dividerne gli importi tra gli associati, ivi compresi quelli non aggiudicatari dell’appalto, secondo percentuali predeterminate, nonché di una serie di vicende collusive che hanno visto come protagonisti gli indagati”. Secondo le valutazioni del Gip anche le attività di intercettazione sarebbero “pienamente utilizzabili alla luce dei principi dettati della Corte di Cassazione a Sezioni Unite”. In questo caso, infatti, “le intercettazioni sono state autorizzate proprio con riferimento alle vicende in esame e i reati successivamente emersi nel corso dell’attività tecnica, oltre a rientrare nei limiti di ammissibilità” dettata dalla norma “certamente devono ritenersi connessi nei termini richiesti dalla pronuncia”.



Per le intercettazioni, insomma, varrebbe l’orientamento giurisprudenziale “ormai consolidato”; “le dichiarazioni auto ed etero accusatorie registrate nel corso di attività di intercettazione regolarmente autorizzata hanno piena valenza probatoria e, pur dovendo essere attentamente interpretate e valutate, non necessitano degli elementi di corroborazione previsti”. Il Gip si è pronunciato anche sulla competenza territoriale per i reati contestati in provincia di Potenza. Si legge ancora: “Sulla base degli atti dì indagine trasmessi a sostegno della mozione cautelare devono ritenersi sussistenti gravi indizi di colpevolezza nei confronti di Luigi Cristofaro, Antonio Del Vecchio, Giuseppe Del Vecchio, Maria Grazia Melega, Francesco Esposito e Giampietro D’Alessandro in relazione ai reati ipotizzati ai capi A), C) e D) della provvisoria contestazione, così come agli stessi contestati.

Posto che la ricostruzione e valutazione delle acquisizioni investigative formulata dal Pm – sui legge - trova piena rispondenza, in punto fatto, nei dati evincibili dagli atti trasmessi a sostegno della richiesta cautelare”. “Le conclusioni circa la sussistenza del requisito della gravità indiziaria cui è giunto il Pm nella richiesta – si legge - risultano infatti corrette, costituendo esse non altro che il risultato dell’operazione logica di correlazione fra tutte le acquisizioni investigative disponibili”.



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