Consorzio Valle Lao: Il contributo di bonifica va pagato, ma bisogna pretendere i servizi
Aggiornamento: 7 gen 2022
Il "regalo di Natale” inviato ai contribuenti ha generato un'ampia discussione
SCALEA - 5 gen. 22 - Il consigliere comunale di opposizione al comune di Scalea, Eugenio Orrico, interviene sul contributo di bonifica ordinario emesso dal Consorzio di Bonifica Integrale dei Bacini del Tirreno Cosentino, che in questi giorni viene recapitato ai cittadini di Scalea, Santa Domenica Talao, Santa Maria del Cedro, Orsomarso, Grisolia e Diamante e che interessa tutti i fabbricati ricadenti nelle aree dove lo stesso consorzio effettua lavori di manutenzione e pulizia dei canali di sua competenza. «Alla luce dei contributo di bonifica ordinario emesso dal Consorzio di Bonifica Integrale dei Bacini del Tirreno Cosentino, relativo agli anni 2016 e 2017, denominato Beneficio Idraulico che interessa tutti i fabbricati ricadenti nelle aree dove lo stesso consorzio effettua lavori di manutenzione e pulizia dei canali di sua competenza - afferma Eugenio Orrico - il comune di Scalea potrà ora pretendere la pulizia dei canali e non solo il tranciare dei canneti ma soprattutto rimuovere tutta la melma che si trova adagiata sullo strato di cemento. A questo punto i canali potrebbero diventare davvero puliti, in particolar modo in questo periodo i quali per le abbondanti piogge potrebbero straripare e cagionare danni ad abitazioni e terreni».
L'INTERVENTO DELL'EX CONSIGLIERE DE FILIPPO
SCALEA – Il contributo di bonifica arrivato nelle case di diversi cittadini va pagato, anche se non si ricevono benefici. E' quanto sostiene l'ex consigliere comunale di Scalea Carmine De Filippo che si occupa anche di gestione di condomini. A tutti i consorziati proprietari di immobili “agricoli ed ex agricoli” che ricadono nel cosiddetto “perimetro di contribuenza” sono arrivate le “cartelle” del consorzio di bonifica da pagare per gli anni 2016 e 2017 di 23,00 euro per anno con l'aggiunta di altri 5,37 euro per un totale di 51,37 euro. “Il problema è formale e anche sostanziale – fa sapere De Filippo –. Formale: si deve pagare. Un provvedimento vetusto, e ancora vigente, R.D. 13 febbraio 1933, n. 215, recante “Nuove norme per la bonifica integrale”, emesso dall’amministrazione fascista con l’intento di portare a termine la bonifica dei terreni malsani del centro-nord Italia”.
La Corte Costituzionale, di recente, ha ritenuto la questione di legittimità costituzionale ammissibile e fondata e ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della legge della Regione Calabria 23 luglio 2003, nella parte in cui prevede che il contributo consortile di bonifica, quanto alle spese afferenti il conseguimento dei fini istituzionali dei Consorzi, è dovuto “indipendentemente dal beneficio fondiario” invece che “in presenza del beneficio”.
La Corte Costituzionale, fa sapere ancora De Filippo, ha precisato che, la successiv legge regionale del 2017, ha posto rimedio a tale vulnus per il futuro, statuendo: “senza più distinguere tra quota a) e quota b), che i proprietari di beni immobili agricoli ed extragricoli ricadenti nell’ambito di un comprensorio di bonifica, che traggono un beneficio, consistente nella conservazione o nell’incremento del valore degli immobili, derivante dalle opere pubbliche o dall’attività di bonifica effettuate o gestite dal Consorzio, sono obbligati al pagamento di un contributo consortile, secondo i criteri fissati dai piani di classifica elaborati e approvati, e specificando che per beneficio deve intendersi il vantaggio tratto dall’immobile agricolo ed extragricolo a seguito dell’opera e dell’attività di bonifica tesa a preservarne, conservarne e incrementarne il relativo valore”. De Filippo ritiene che dal punto di vista sostanziale “non si dovrebbe pagare. Il cosiddetto “beneficio idraulico” si traduce in pratica: nello scolo delle acque piovane e una difesa per evitare gli allagamenti degli immobili. Cosa che si verifica puntualmente, ogni volta che arrivano i temporali o il mare si “alza” proprio per la mancanza di manutenzione e pulizia dei canali di scolo. Più volte denunciate dal sottoscritto formalmente e con comunicazioni stampa, non si sono degnati neanche di rispondere. In merito vorrei precisare anche che il disastro è stato fatto dal Consorzio nel passato quando ha permesso di far coprire i canali, rendendo difficile la manutenzione e la pulizia. Poi gli immobili che si allagano si “decrementano” e dunque difficilmente vendibili, dunque un danno e sono tanti”.
“Io come cittadino – conclude De Filippo - sarei ben felice di dare il mio contributo, peraltro neanche tanto oneroso, purché si risolvano i problemi e si abbiano dei benefici, perché di soldi ne arriveranno tantissimi. Basti pensare che se la richiesta è fatta a 10.000 immobili, ossia 1/3 del patrimonio immobiliare di Scalea, portano nelle casse del Consorzio oltre 230.000 mila di euro all’anno che con gli arretrati superano il milione di euro, che se verranno utilizzati e spesi solo per i canali, si potrebbe risolvere il problema allagamenti. Per esperienza penso che bisogna intervenire soprattutto a monte dell’abitato, ossia prima che l’acqua arriva a valle, in modo da alleggerire la portata nei canali”.