Operazione "Frontiera": in libertà Caroprese, lo "Sghincio”
Accolta l'istanza dell'avvocato di fiducia Antonio Crusco
SCALEA – 26 ago. 22 - Operazione “Frontiera”, in libertà Gino Caroprese, 52 anni di Scalea, conosciuto come lo “Sghincio”. L'attività dei carabinieri della Dda di Catanzaro e della compagnia di Scalea aveva portato all'emissione di 58 misure cautelari nel mese di luglio del 2016. La Corte di Appello di Catanzaro ha accolto tutte le argomentazioni in punto di diritto del suo legale di fiducia, l’avvocato penalista Antonio Crusco. In conseguenza, ha revocato la misura degli arresti domiciliari ed ha rimesso in libertà senza alcuna restrizione il 52enne di Scalea. Gino Caroprese era accusato di far parte di un'associazione nell’ambito della nota operazione comunemente denominata “Frontiera”. Al centro delle indagini del Ros l'associazione con a capo la cosca “ Muto” di Cetraro. In particolare, secondo l'impalcatura accusatoria, Gino Caroprese, insieme ad altri soggetti di Scalea e Cetraro, avrebbe fatto parte del sodalizio.
Nella mattina del 19 luglio 2016 centinaia di militari avevano dato esecuzione alle ordinanze di custodia cautelare con l'accusa di associazione finalizzata al traffico e cessione di sostanze stupefacenti nell’hinterland di Scalea, Cetraro e paesi limitrofi. Gino Caroprese, nell'immediato era finito in carcere, poi la misura era stata sostituita con quella meno afflittiva degli arresti domiciliari, a Scalea. Ora, però, Gino Caroprese detto “Sghincio” è tornato completamente libero, grazie all'istanza presentata del suo legale, l’avvocato penalista Antonio Crusco. Il legale di fiducia ha messo in evidenza diverse tesi di diritto penale e diritto processuale penale. La Corte di Appello, sezione seconda, presidente Luzzo, relatore Saccà, ha quindi deciso per l'immediata remissione in libertà del 52enne di Scalea. Più in generale, come si ricorderà, l'operazione Frontiera, secondo gli inquirenti aveva puntato l'indice sul clan cosentino che secondo le ipotesi accusatorie si era reso responsabile di aver monopolizzato, per oltre 30 anni, le risorse economiche del territorio, curando fino al dettaglio la commercializzazione dei prodotti ittici e, in un’area a forte impatto turistico, i servizi di lavanderia industriale delle strutture alberghiere e della vigilanza dei locali d’intrattenimento della fascia tirrenica cosentina e del sud della provincia di Salerno. Parallelamente, le indagini avevano documentato un traffico di stupefacenti, in particolare di cocaina, hashish e marijuana che si sviluppava soprattutto nelle località balneari della costa tirrenica: Tortora, Scalea, Praia a Mare e Diamante.