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Parco eolico a Cetraro, il consiglio di Stato nega il risarcimento di 90 milioni alla società

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    miocomune.tv
  • 28 ago 2024
  • Tempo di lettura: 3 min

Avevano chiesto un risarcimento milionario di poco inferiore a 90 milioni di euro per un parco eolico nel comune di Cetraro, il consiglio di Stato si è espresso ed ha respinto la richiesta



Avevano chiesto un risarcimento milionario di poco inferiore a 90 milioni di euro per un parco eolico nel comune di Cetraro, il consiglio di Stato si è espresso ed ha respinto la richiesta
Foto d'archivio

Cetraro, 28 agosto 2024 - Avevano chiesto il risarcimento per poco meno di 90 milioni di euro. Cifra che avrebbe dovuto pagare la Regione Calabria per un progetto relativo ad un parco eolico nel comune di Cetraro. Il consiglio di Stato ha posto fine alla vicenda controversa che andava avanti da diversi anni. Respinta definitivamente la richiesta della società. La “Renova project srl”, chiedeva il risarcimento dei danni subiti a seguito della mancata autorizzazione da parte della Regione Calabria per la realizzazione di un impianto eolico nel territorio del comune di Cetraro. La decisione, emessa dalla quarta sezione del Consiglio di Stato una settimana fa, conferma la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, che già in primo grado aveva rigettato la richiesta di risarcimento della società.


L'origine del caso

La vicenda ha origine nel 2008, quando Renova project Srl aveva presentato una domanda alla Regione Calabria per ottenere l'autorizzazione unica, necessaria alla costruzione di un impianto di produzione di energia elettrica da fonte eolica a Cetraro. Dopo diversi anni di asserita inerzia da parte dell'amministrazione regionale, nel 2013 il Tar Calabria, con la sentenza in merito alla controversa vicenda, aveva riconosciuto l'illegittimità del silenzio-inadempimento della Regione e aveva nominato un commissario ad acta per esaminare la richiesta.

Tuttavia, nel 2015, il commissario aveva respinto la domanda di autorizzazione, citando un mutato quadro normativo che includeva nuove disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale e l'adozione del quadro territoriale paesaggistico della Regione Calabria. La società Renova Project, ritenendo che il ritardo della Regione fosse l'unico responsabile del mancato rilascio dell'autorizzazione, aveva quindi chiesto al Tar il risarcimento dei danni subiti.


Il Tar rigetta la richiesta risarcitoria

Il Tar Calabria, con la sentenza del 2019, aveva rigettato la richiesta risarcitoria, stabilendo che il risarcimento del danno da ritardo non potesse essere riconosciuto in assenza di una prova chiara che l'autorizzazione sarebbe stata rilasciata qualora la Regione avesse esaminato tempestivamente la domanda. Secondo il Tar, la discrezionalità insita nel procedimento di valutazione ambientale impediva di affermare con certezza che il progetto sarebbe stato approvato.

Non soddisfatta dalla decisione, Renova Project aveva quindi presentato ricorso al Consiglio di Stato, contestando la sentenza del Tar e sostenendo che il diniego dell'autorizzazione fosse da imputare esclusivamente al ritardo dell'amministrazione regionale. Nella sentenza definitiva, il Consiglio di Stato ha rigettato l'appello della società, confermando la validità delle argomentazioni del Tar Calabria. La corte ha sottolineato come il risarcimento del danno da ritardo, legato a un interesse legittimo pretensivo, richieda la dimostrazione che l'autorizzazione sarebbe stata rilasciata in caso di tempestivo esame della domanda. Tale prova, secondo il Consiglio di Stato, non è stata fornita da Renova Project.


La quantificazione del danno

La sentenza del Consiglio di Stato ha inoltre evidenziato che il semplice riferimento al mutamento del quadro normativo non è sufficiente a provare che l'autorizzazione sarebbe stata concessa in precedenza. Anzi, la corte ha ribadito che, in base alla normativa vigente al momento della presentazione della domanda, non è stato dimostrato che il progetto di impianto eolico avrebbe ottenuto tutte le approvazioni necessarie. Nella sentenza impugnata si dà atto che “Il danno complessivamente patito è stato quantificato in 89.515.000 euro, oltre a 76.737,16 euro per le ulteriori causali di cui in ricorso; in subordine, la società ricorrente ha richiesto il pagamento della somma di 35.368.731,42 euro.

“Gli importi richiesti con il ricorso introduttivo del giudizio – si legge - non trovano adeguato riscontro nella documentazione prodotta nel giudizio di primo grado e non solo eziologicamente ricollegabili all’inerzia della pubblica amministrazione, tenendo conto, peraltro, del fatto che i costi sostenuti per la presentazione della istanza sarebbero stati comunque a carico della società (indipendentemente dall’esito del procedimento); con riguardo ai ricavi previsti, il riconoscimento degli stessi, sul piano risarcitorio, presuppone la prova della spettanza del bene della vita, che non è stata fornita”. Il Consiglio di Stato ha anche respinto la richiesta di rinvio dell'udienza, presentata dalla società appellante in relazione alla pendenza di trattative per una composizione bonaria della controversia, ritenendo che non fossero presenti i "casi eccezionali" richiesti per giustificare il rinvio.


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