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Praia a Mare, sette condanne al processo di I grado sull'operazione "Matassa"

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  • 2 ore fa
  • Tempo di lettura: 2 min

Reati fiscali contestati a otto imputati, uno dei quali deceduto negli anni scorsi, nell'ambito del processo denominato Matassa: sette condanne per fatti del 2017


Il tribunale di Paola

Praia a Mare, 21 aprile 2025 – Sette condanne e una sentenza di “non luogo a procedere” per il decesso dell'imputato: è quanto contenuto nella sentenza di primo grado del processo scaturito dall'operazione denominata Matassa, attività della guardia di finanza degli anni scorsi.


La decisione del tribunale

  • Maurizio Ruggerini, 11 anni e 8 mesi;

  • Maurizio Sentimenti, 3 anni e 6 mesi;

  • Agostino Francesco De Luca, 3 anni e 6 mesi,

  • Eugenio Cannataro, 2 anni e 10 mesi;

  • Francesca De Luca, 3 anni e 3 mesi;

  • Giuseppe Bruzzese, 2 anni e 7 mesi;

  • Rosanna Ursino, 2 anni e 10 mesi. Per l'ottavo imputato è stato decretato il “non doversi procedere” a causa del decesso.


L'operazione

L'operazione denominata “Matassa” è stata condotta della Guardia di finanza ed ha interessato in particolare l'alto Tirreno cosentino, ma anche altre regioni di Italia. L'attività di indagine si è conclusa il 14 dicembre 2017 con l'esecuzione, all'epoca, di 14 misure di custodia cautelare, di cui 12 in carcere e 2 ai domiciliari. Il principale indagato era proprio Maurizio Ruggerini. In quel periodo, a Praia a Mare gestiva una struttura acquatica estiva.


I sequestri

Al termine dell'operazione delle fiamme gialle dell'epoca erano stati effettuati sequestri per oltre 33 milioni di euro, nei confronti di imprenditori e “presunti faccendieri” accusati, a vario titolo, nella fase iniziale delle indagini, di associazione per delinquere finalizzata alla truffa e all’evasione fiscale. Numerose perquisizioni vennero effettuate anche in altre regioni, in particolare in Emilia Romagna terra d'origine di Ruggerini. La base era stata individuata nell'alto Tirreno cosentino ma con ramificazioni nelle varie regioni d’Italia: “attraverso la costituzione e gestione di 24 società intestate a prestanomi – era stato detto nella conferenza stampa all'epoca – sono stati creati fittizi crediti Iva da utilizzare in compensazione per il pagamento di contributi, imposte, ritenute e cartelle esattoriali”.


Società fittizie

Nel dettaglio, si evidenziava: “costituivano e gestivano quali amministratori, soci o lavoratori dipendenti le 24 società fittizie non dotate di autonomia gestionale e struttura propria ed utilizzate al solo fine di generare contabilmente ingenti crediti di imposta fittizi derivanti da costi inesistenti, da utilizzare in compensazione con debiti fiscali e previdenziali, lucrando indebiti vantaggi fiscali e contributivi con gravissimo danno all’Erario e all’Inps per oltre 33 milioni di euro”. Fra l'altro venivano indicate, secondo quanto era emerso sempre dalle prime indagini, retribuzioni imponibili elevatissime, di gran lunga superiori a quelle contrattualmente previste, sproporzionate rispetto alle mansioni dichiarate e non in linea con le precedenti esperienze lavorative né con i titoli professionali posseduti che hanno consentito di percepire ai primi associati pensionati pensioni annue di migliaia di euro ma anche indebite indennità di disoccupazione e maternità.


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