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Scalea, Katarion: l'episodio di tentata estorsione all'allevatore

Aggiornamento: 20 mar 2021

Agli atti dell'attività di indagine "Katarion”una vicenda che ha visto coinvolto un allevatore di Scalea


SCALEA – 12 mar. 21 - Sono diversi gli episodi di tentata estorsione compiuti nei centri tirrenici dell'alto Tirreno cosentino e in particolare nell'area di Scalea e Belvedere. Un episodio estorsivo documentato dagli investigatori nell'ambito dell'inchiesta denominata “Katarion” è quello che risulta agli atti avrebbe posto in essere Franco Scorza, 53 anni di Cetraro, attualmente agli arresti domiciliari. Vittima delle attenzioni particolari sarebbe un'azienda di suini che ha sede a Scalea. La vicenda sarebbe nata da un rapporto di fornitura di alimenti per l'allevamento risultata avariata. Una grossa partita di mangimi, per un importo di circa 50/55 mila euro, che ha cagionato migliaia di euro di danni all'azienda anche con la conseguenza dell'abbattimento di numerosi capi di bestiame. Le indagini avrebbero accertato che la questione si sarebbe risolta con un accordo bonario. L'allevatore avrebbe omesso di corrispondere il saldo di quanto ancora dovuto per i mangimi venduti dalla dita. Non ricevendo mai richieste di pagamento dall'azienda. Ma, evidentemente, l'episodio non è sfuggito agli indagati nell'operazione “Katarion”.



Nel pomeriggio del 28 agosto 2017, con una telefonata veniva richiesto un incontro per stabilire le modalità della corresponsione di quanto ancora vantato nei suoi confronti dalla dita di mangimi. La conversazione si è conclusa quando la vittima ha manifestato al suo interlocutore la volontà di richiedere l'intervento dei carabinieri, ravvisando nel comportamento della persona dall'altro capo del telefono un chiaro fine estorsivo. Il preliminare contatto telefonico è stato seguito da una ulteriore telefonata, nel corso della quale lo stesso ignoto individuo, con tono deciso ed arrogante, avrebbe reiterato le richieste di pagamento, minacciando di recarsi personalmente presso l'azienda suinicola e sottolineando di non temere il paventato intervento delle forze dell'ordine. La necessità di approfondire la questione ha portato l'alevatore a capire che le richieste di denaro effettuate dall'uomo sconosciuto erano state delegate da un noto soggetto appartenente alla criminalità organizzata cetrarese, conosciuto con l'appellativo di "Tavolone".



Le analisi dei carabinieri avevano portato ad una “certa identificazione” dell'autore delle telefonate. L'allevatore, intimorito e turbato da quanto accaduto, al fine di acquisire ulteriori informazioni utili a chiarire la vicenda, subito dopo aver ricevuto le due telefonate da parte dell'interlocutore, ha contattato telefonicamente un amico per riferirgli quanto accaduto e, ovviamente, per cercare di entrare più a fondo nella vicenda. “E' ragionevole ritenere – si legge agli atti - che le condotte estorsive in argomento rientrino in un progetto delinquenziale più ampio, volto sia a ribadire il controllo del territorio da parte dell'organizzazione d'appartenenza, sia a reperire denaro contante per rimpinguare la cassa comune gravata dai notevoli esborsi di denaro derivanti dallo stato di detenzione di molti degli associati”. Secondo gli investigatori ci sarebbero pochi dubbi sulla modalità mafiosa dell'azione, idonea a condizionare la libertà di determinazione delle parti offese evocando nelle stesse l'appartenenza dell'autore della minaccia alla locale criminalità organizzata.


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