Scalea, operazione Katarion: annullata con rinvio l'ordinanza per un indagato
Aggiornamento: 20 ott 2021
Operazione Katarion, la Cassazione ha accolto il ricorso degli avvocati Rocco e Antonio Crusco per l'indagato Alfonso Scaglione. Atti rinviati in Appello per un nuovo giudizio
SCALEA – 18 ott. 21 - Annullata l'ordinanza del Tribunale del Riesame, con la disposizione di un nuovo giudizio. È il risultato del ricorso in Cassazione, presentato per Alfonso Scaglione, 53 anni, di Scalea, indagato nell'ambito dell'operazione “Katarion”. La Suprema Corte di Cassazione ha accolto il ricorso scritto dall’avvocato penalista Antonio Crusco, quale estensore, e sottoscritto dall’avvocato Rocco Crusco, nell’ambito della nota operazione, convenzionalmente denominata “Katarion”, procedimento istruito dalla Dda di Catanzaro. Il Gip distrettuale di Catanzaro ed il Tribunale del Riesame, secondo l'avvocato difensore, avrebbero erroneamente ricavato la prova del reato associativo dai singoli episodi di spaccio ritenuti dalla difesa erroneamente contestati, così violando le regole di diritto. “Katarion”, nasce dalla riunione di tre filoni di indagine. E la Dda di Catanzaro ritiene che le investigazioni avrebbero consentito di accertare la sussistenza della operatività di un’organizzazione criminale operante nel territorio fra i comuni di Cetraro, Paola, Scalea ed altri paesi dell’alto Tirreno cosentino. Vari episodi di cessione di cocaina.
Un'organizzazione, secondo l'accusa, che raccoglieva proventi che andavano a confluire in parte nelle casse della “cosca Muto”. Sono state raccolte dall'accusa plurime fonti di prova a carico della compagine associativa. In relazione alla posizione dell’indagato di Scalea: intercettazioni telefoniche ambientali, accertamenti di polizia quali servizi di osservazione ed appostamento, attività di perquisizione e sequestro oltre a quelle finalizzate alle asserite identificazioni degli interlocutori delle conversazioni ed alla verifica degli incontri, dei loro spostamenti o viaggi e di altri fatti oggetto delle conversazioni intercettate. Il Gip distrettuale di Catanzaro, lo scorso 4 marzo, aveva disposto la misura cautelare degli arresti domiciliari per il 53enne di Scalea. In particolare, la Dda di Catanzaro contestava a Scaglione di far parte di una associazione dedita alla commissione di una serie di cessioni di cocaina, perché lui ed altri soggetti si sarebbero associati tra loro, allo scopo di commettere più delitti tra cui quelli di vendita, offerta, cessione, acquisto, ricezione a qualsiasi titolo e detenzione ai fini di spaccio di cocaina. La Procura distrettuale addebitava all’indagato di gestire, per conto della consorteria, la piazza di spaccio di Scalea insieme ad altri soggetti della stessa città tirrenica.
Alfonso Scaglione, secondo le contestazioni d'accusa, avrebbe coadiuvato un altro soggetto nell’attività di spaccio di droga a Scalea. La Dda di Catanzaro, quindi, ha inserito l'indagato in una “pericolosa associazione di narcotraffico” che avrebbe operato tra Cetraro, Scalea, Diamante, Buonvicino, Belvedere Marittimo, Santa Maria del Cedro, Guardia Piemontese, Acquappesa ed in altre località della Provincia cosentina. A Scaglione, la Dda contesta diversi episodi di cessione di cocaina che sarebbero avvenuti in tutta la costa tirrenica cosentina. Episodi registrati a Cetraro nei giorni 8 luglio, 22 luglio e 6 agosto 2020 , e, poi, il 20 agosto a Diamante, il 21 agosto a Belvedere Marittimo oltre che a Grisolia e Santa Maria del Cedro nei giorni 23, 27, 28, 29, 30 giugno, 7 luglio e 8 agosto, ed il 13 luglio ad Acquappesa, imprecisati e diversi quantitativi di cocaina per la successiva cessione a terzi. Il 4 marzo 2021 il Giudice distrettuale di Catanzaro aveva disposto la misura cautelare degli arresti domiciliari. Successivamente la proposta del riesame al Tribunale di Catanzaro. Quest'ultimo ha confermato la misura degli arresti domiciliari.
L'indagato, allora, si è rivolto all'avvocato penalista Antonio Crusco, estensore del ricorso per Cassazione, sottoscritto dall’avvocato Rocco Crusco, contro la ordinanza del Tribunale di Catanzaro che confermava gli arresti domiciliari. Il legale ha sostenuto che il Gip distrettuale di Catanzaro ed il Tribunale del Riesame, avrebbero erroneamente ricavato la prova del reato associativo dai singoli episodi di spaccio erroneamente contestati. A supporto della tesi, diverse sentenze della Suprema Corte di Cassazione per sostenere che l’indagato non potesse essere colpito dagli arresti domiciliari per il fatto di far parte dell’associazione di narcotraffico. Secondo il legale, la motivazione sul punto del Tribunale di Catanzaro era viziata ed illogica, poiché violava le regole di diritto. Inoltre nel ricorso si sosteneva che la motivazione dell’ordinanza del Tribunale del Riesame era manifestamente illogica perché non v’era alcun attuale pericolo di reiterazione del reato. La VI sezione della Suprema Corte di Cassazione, in totale accoglimento delle argomentazioni contenute nel ricorso, ha annullato l’ordinanza del Tribunale del Riesame disponendo un nuovo giudizio.