Tributo 1h78 del consorzio di bonifica: storie di pignoramento; cittadini arrabbiati
Da Scalea storie di pignoramento per il tributo 1h78 del consorzio di bonifica, cittadini arrabbiati
Scalea, 8 gennaio 2025 - Storie di pignoramento per il mancato pagamento del tributo 1h78 del consorzio di bonifica, cittadini arrabbiati per un balezello che ritengono ingiusto, la storia di una famiglia di Scalea. “Sono un’onesta cittadina che lavora, paga le tasse e si prende cura della propria famiglia”. E' l'inizio di una lettera inviata da una delle numerose famiglie “costrette” a versare il famoso tributo “1H78” per i servizi resi dal consorzio di bonifica, in questo caso da quello che ha sede a Scalea. Fra l'altro, ricordiamo che il tributo “1H78” è tornato nelle cassette postali di molti cittadini per l'annualità 2024 e ancora una volta solleva dubbi sulla reale necessità di vessare famiglie con tale tributo, anche di pochi euro, con l'obiettivo “primario” di fare cassa.
Un tributo che pesa
Un tributo che pesa moltissimo sulle famiglie, forse non tanto per la cifra che appunto potrebbe risultare anche relativamente bassa, ma perchè percepito dai nuclei familiari, dai cittadini come un pagamento ingiusto, stranamente inviato anche a chi è distante dai famosi corsi d'acqua che il consorzio dovrebbe gestire. La storia che racconta la cittadina ha anche un contorno di profonda ingiustizia perchè dietro ad un mancato pagamento si nasconde una sorta di accanimento nel cercare di “recuperare” la cifra che nel frattempo si è accumulata fino ad essere oggetto di un pignoramento.
La storia della famiglia
La data è quella del 14 dicembre 2021, quando “Area s.r.l. società unipersonale”, per conto del consorzio di bonifica integrale richiede il pagamento del tributo Codice: 1H78, per gli anni 2016- 2017, immobili extragricoli/fabbricati e l’ente impositore è il consorzio di bonifica del Tirreno cosentino. “Parlando con amici e conoscenti – racconta la protagonista della storia - vengo a sapere che tutti i proprietari di un immobile o un terreno hanno ricevuto la stessa lettera che ho ricevuto io: una tassa che sembra essere riferita al servizio di pulizia dei canali presenti sul territorio. Di comune accordo con mio marito decidiamo di non pagare tale tassa in quanto ritenuta da noi ingiusta, perchè i canali non sempre vengono puliti ed in passato, le esondazioni, dovute alla scarsa manutenzione, hanno arrecato anche danni a miei amici”.
Il fermo amministrativo
Da quella lettera, le richieste si moltiplicano, sia per il sollecito del pagamento delle cifre precedenti, che per le nuove. Uno stillicidio e per chi non paga, questo viene a sapere la coppia, anche “fermi amministrativi di veicoli privati o peggio di veicoli da lavoro”. Infatti, a gennaio 2024 la notifica del pignoramento dello scooter intestato al marito. “Lui fermo nell’idea che sia ingiusto richiedere un pagamento retroattivo direttamente attraverso una società di riscossione per un servizio non svolto – racconta la protagonista - non paga il fermo amministrativo e non utilizza lo scooter. Il 13 giugno - aggiunge - decido, a sua insaputa, di pagare tale fermo per rendere di nuovo utilizzabile lo scooter, mezzo per lui quasi indispensabile al lavoro nei mesi estivi. Ingenuamente e fidandomi della mia banca pago il bollettino con la mia carta di debito, collegata al mio conto in cui ho l’accredito dello stipendio necessario al sostentamento della mia famiglia, specie di nostro figlio di sei anni. Il 14 giugno sera mi ritrovo con l’intero conto bloccato e non ne conosco il motivo”.
Il pignoramento
Qui, la conferma del pignoramento.
Il contatto con un operatore definito “insolente” che invita l'interlocutrice a controllare sul sito la situazione, in quanto morosa per 5 procedimenti. “Quando tace qualche secondo – racconta - riesco a chiedere se non gli risultasse qualcos’altro a mio nome e lui in un primo momento dice di no ma poco dopo conferma un pignoramento attivo”. Ma anche sul pignoramento, racconta la protagonista, c'è il racconto di una serie di telefonate, spesso sgarbate con gli operatori di Area che addossano la colpa ai malcapitati.
«Io – commenta la signora - mi chiedo se sia possibile essere trattata come una ladra per non aver pagato 25,00 euro che sono poi diventati 127,00 e scomodare avvocati, impegnare tempo ed energie, arrabbiarsi arrecando danni alla propria situazione di salute già fortemente danneggiata, bloccare conti bancari. Vivere 18 giorni senza avere i soldi per mangiare o comprare i sandali al proprio bambino a causa di un tributo ingiusto. In tanti dicono che sia stata attivata per evitare la chiusura dei consorzi locali che qualcuno dice tutelati dalla Regione a livello legale. Ancora più grave è il comportamento del consorzio di Bonifica di Scalea – riferisce la signora - in quanto non fornisce gli strumenti per verificare se il semplice cittadino con il proprio immobile rientri nelle suddette quote. Anche se poi stranamente si viene a sapere che vengono esclusi dal pagamento immobili siti in strade come via Oberdan non molto lontane dal canale Tirello, ritenute fuori quota, ma più vicine della mia abitazione. Sono grandi ingiustizie».
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